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La crisi economica iniziata nel
2008 sottende molti altri segnali di fragilità connessi con:
- esaurimento delle risorse petrolifere e minerarie di facile estrazione
- riscaldamento globale, eventi climatici estremi
- pressione insostenibile sulle risorse naturali, foreste, suolo coltivabile, pesca oceanica
- instabilità della produzione alimentare globale
- aumento popolazione (oggi 7 miliardi, 9 nel 2050)
- perdita di biodiversità - desertificazione
- distruzione di suolo fertile
- aumento del livello oceanico e acidificazione delle acque
- squilibri nel ciclo dell’azoto e del fosforo
- accumulo di rifiuti tossici e inquinamento persistente dell’aria, delle acque e dei suoli con conseguenze sanitarie per l’Uomo e altre specie viventi
- difficoltà approvvigionamento acqua potabile in molte regioni del mondo
La comunità scientifica
internazionale negli ultimi vent’anni ha compiuto enormi
progressi nell’analizzare questi elementi. Svariate centinaia di
migliaia di articoli rigorosi, avallati da accademie scientifiche
internazionali, una su tutte l’International Council for Science
(www.icsu.org), nonché numerosi programmi di ricerca nazionali e
internazionali, mostrano la criticità della situazione globale e
l’urgente necessità di un cambio di paradigma.
Il dominio culturale delle
vecchie idee della crescita economica materiale, dell’aumento
del Prodotto Interno Lordo delle Nazioni, della competitività
e dell’accrescimento dei consumi persiste nei programmi dei
governi come unica via d’uscita di questa crisi epocale. Queste
strade sono irrealizzabili a causa dei limiti fisici planetari.
Una regola di natura vuole che ad ogni crescita corrisponda una
decrescita. La crescita economica, con i paradigmi attuali, segna la
decrescita della naturalità del pianeta. I costi economici di queste
scelte sono immani e le risorse finanziarie degli stati sono
insufficienti a sostenerli.
L’analisi dei problemi inerenti alla
realtà fisica del mondo viene continuamente rimossa o
minimizzata, rendendo vano l’enorme accumulo di sapere scientifico
che potrebbe contribuire alla soluzione di problemi tuttavia sempre
più complessi e irreversibili al trascorrere del tempo.
Chiediamo pertanto al mondo
dell’informazione di rompere la cortina di indifferenza che
impedisce un approfondito dibattito sulla più grande sfida della
storia dell’Umanità: la sostenibilità ambientale,
estremamente marginale nelle politiche nazionali degli ultimi 20 anni
e ad oggi assente dalla campagna elettorale in corso.
Non si dia per scontato che il pensiero
unico degli economisti ortodossi sia corretto per definizione.
Si apra un confronto rigoroso e documentato con tutte le
discipline che riguardano i fattori fondamentali che consentono la
vita sulla Terra – i flussi di energia e di materia – e
non soltanto i flussi di denaro che rappresentano una
sovrastruttura culturale dell’Umanità ormai completamente
disconnessa dalla realtà fisico-chimica-biologica.
E’ quest’ultimo complesso di leggi
naturali che governa insindacabilmente il pianeta da 4,5 miliardi di
anni: non è disponibile a negoziati e non attende le lente decisioni
umane.
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